Il Castello Orsini
Il Castello Orsini è stato sede prima dei signori feudali di Celleno, poi dei funzionari pontifici e infine dell’amministrazione comunale che lo ha adibito prima ad uffici per l’amministrazione, poi come ambulatorio e come scuola fino a quando non si vennero costruiti gli edifici nel paese nuovo. Nel 1973 l’artista Enrico Castellani acquista e restaura il castello, eleggendolo a propria dimora fino alla sua morte avvenuta il 1° dicembre 2017
Il racconto di Celleno Vecchio
Piazza del Comune
La piazza del Castello di Celleno Vecchio si chiama “Piazza del Comune”. Sulla Piazza si affacciano alcuni palazzi dalle significative valenze storico-architettoniche, l’ex chiesa di San Carlo e la vecchia chiesa parrocchiale di San Donato (sec XIII). La piazza principale del nucleo di Celleno Vecchio e costituiva il fulcro dell’abitato. Vi si affacciano alcuni edifici dalle significative valenze storico-architettoniche: la chiesa parrocchiale di San Donato (XIII secolo), l’ex chiesa di San Carlo (XVII secolo) e il Castello Orsini. Alla piazza (e al Castello) si accede salendo la scenografica via del Ponte, che immette nella piazza principale da Porta Vecchia, oppure attraversando piazza del Mercato, su cui il Castello Orsini si affaccia con la poderosa cortina difensiva.
Probabilmente modificata nel XV secolo, questa piazza ha visto il succedersi di epoche e civiltà, di vita quotidiana e fatti eclatanti. Come la terribile fine di Giovanni Gatti avvenuta il 27 maggio 1496.
Erano anni in cui le lotte tra famiglie nobili erano furibonde. Giovanni, erede di una potente famiglia viterbese decimata dalla guerra tra fazioni, lasciata la città, si rifugiò nel castello di Celleno. Raggiunto dall’ordine di Papa Alessandro VI (Rodrigo Borgia) di restituire il feudo alla chiesa, decise di rifiutarsi. Il Papa, impietoso, inviò l’abate di Alviano che lo fece torturare e costringere a rivelare il nascondiglio dell’ingente tesoro della sua famiglia (la torre mastio). Poi lo fece uccidere su questa piazza, insieme ai suoi figli maschi.
Chiesa di San Donato
La chiesa parrocchiale di Celleno, dedicata al patrono San Donato, conserva alcune parti risalenti al periodo medievale, tra cui l’originario portale in stile romanico-gotico (XIII-XIV secolo). L’edificio subì numerosi rifacimenti nel corso del tempo, soprattutto nel periodo compreso tra il XVI e il XVIII secolo, anche a causa degli smottamenti del terreno e dei frequenti terremoti, l’ultimo dei quali, avvenuto nell’ottobre del 1941, ha causato il definitivo abbandono della chiesa.
Percorso “la piazzarella”
Il percorso si trova sul tracciato che dall’antica via Maggiore portava a Piazza Piazzarella. Le case mura che scendendo si trovavano sul lato sinistro franarono o furono abbattute tra il XVIII ed il XIX secolo per l’instabilità del suolo. Sul limite delle rupe fu posto un parapetto delle cui colonnine in pietra si scorgono ancora le basi. Tutto il resto dell’abitato invece è scomparso tra gli anni 30 e gli anni 60 del ‘900. I difficili anni del dopoguerra ed il desiderio di migliori condizioni di vita accelerarono il decadimento e l’abbandono del borgo. A questi seguirono la predazione di preziosi elementi architettonici come portali, imbotti e scalinate ed i crolli naturali o provocati.
Chiesa di San Carlo
Situata nella piazza del centro storico, presenta, ben conservato un portale in pietra basaltina lavorata. La chiesa fu costruita grazie alla generosità della popolazione cellenese: la prima pietra fu posta, con solenne cerimonia, nell’anno 1615. Ad essa era aggregata la Confraternita intitolata alla Madonna.
Piazza del Mercato
La Piazza del Mercato, denominata anche “il Torracchio”, è posta ai piedi del Castello e trova le sue origini nell’espansione urbanistica tardomedievale di Celleno. La piazza fungeva non solo da luogo di scambio commerciale ma anche da spazio di connessione urbanistica e sociale tra i due nuclei di insediamento: il castrum (primigenio nucleo fortificato) e il burgus (l’appendice extramuranea).
Chiesa di San Rocco
Unica delle quattro chiese del borgo antico ad essere ancora adibita al culto ed ubicata nell’omonima piazzetta ai piedi del Castello di Celleno, la Chiesa cinquecentesca fu edificata a protezione della popolazione dalle pestilenze ed intitolata a San Rocco, santo taumaturgico. Si caratterizza per la bellezza del suo portale in peperino in cui campeggia lo stemma centrale della famiglia Orsini, per alcuni importanti lacerti di affreschi rinascimentali e per il bell’altare con crocifisso ligneo. Ricco di ornati, figure e dorature, l’altare è un singolare esempio di arte barocca. Dibattuta invece l’epoca di appartenenza dell’antico, toccante, crocifisso ligneo alto m. 1,70 che la tradizione vorrebbe appartenente alla scuola donatelliana.
Il Convento di San Giovanni
Il Convento francescano di San Giovanni Battista, a breve distanza da Celleno Vecchio, fu costruito a partire dal 1610 attorno alla preesistente pieve romanica di San Giovanni, che ancora oggi conserva la sua caratteristica abside ad archetti (XI sec.).
Il nucleo originario del complesso è organizzato intorno ad un chiostro quadrangolare semplice nelle sue linee ma riccamente adornato con un ciclo di affreschi relativi alle Storie di San Francesco. Intorno al chiostro si dispongono le celle dei frati e al centro una monumentale cisterna puteale per la raccolta delle acque piovane.
Da segnalare alcuni pregevoli affreschi nella Cappella (XV – XVI secolo) e nella Sagrestia, ed un coro ligneo Settecentesco posto nell’abside della chiesa. Il Convento fu modificato nel XVIII secolo, con l’ampliamento dell’ala residenziale, e l’aggiunta di un porticato sul lato della strada. All’interno delle sue mura si trova un meraviglioso parco di lecci secolari. Dall’inizio degli anni ’80 il Convento è divenuto un Centro turistico-culturale.
Il butto
ll “pozzo da butto” è un immondezzaio domestico di una residenza signorile medievale in cui venivano gettati i resti di pasto e i contenitori in ceramica rotti e inservibili. L’Università della Tuscia ha studiato un lotto di circa 8.000 frammenti di ceramica (XIV-inizi XV secolo) provenienti da quello scavato nel 1975 nel palazzo signorile di Celleno.
Un magazzino etrusco
Nel corso del 2017 è stato scoperto un silos o magazzino scavato nel banco di tufo, legato alle attività produttive che si svolgevano a Celleno tra il IV e il III secolo a.C., ovvero poco prima dell’arrivo dei Romani. Negli scavi dell’Università della Tuscia sono stati rinvenuti vari manufatti (due pithoi, un’olla per la cottura dei cibi, un glirarium destinato all’allevamento dei ghiri) che confermano l’origine etrusca di Celleno.
Via del Ponte
Via del Ponte era l’unica via d’accesso all’antico centro abitato fortificato (castrum) di Celleno. Protetto su tutti i lati, il castello aveva un’ importante posizione strategica. Delle sue origini antichissime si ha una prima traccia in un documento dell’anno 1026. Guardandolo difronte, l’edificio del cosiddetto Castello Orsini, presenta sulla sinistra un corpo più avanzato. Prima del suo crollo a causa del violento terremoto del 1695, era l’imponente torre mastio posta proprio a difesa della porta d’ingresso. Il centro fu abbandonato tra gli anni ‘30 e gli anni 50 del 1900.
La Valle
Via del Ponte era l’unica via d’accesso all’antico centro abitato fortificato (castrum) di Celleno. Protetto su tutti i lati, il castello aveva un’ importante posizione strategica. Delle sue origini antichissime si ha una prima traccia in un documento dell’anno 1026. Guardandolo difronte, l’edificio del cosiddetto Castello Orsini, presenta sulla sinistra un corpo più avanzato. Prima del suo crollo a causa del violento terremoto del 1695, era l’imponente torre mastio posta proprio a difesa della porta d’ingresso. Il centro fu abbandonato tra gli anni ‘30 e gli anni 50 del 1900.
La Ripe
Le Ripe. Piccola contrada del castello di Celleno che arrivava fino alla chiesa di S. Donato. Le ardue case mura dell’abitato, che fino ai primi del 900 circondavano completamente l’altura, hanno subito continue insidie: smottamenti, terremoti ed infine l’abbandono iniziato negli anni 30 e decretato formalmente, per tutto l’abitato, con un Decreto del Presidente della Repubblica del 1951. Questo lato della rupe presentava problemi di stabilità fin da tempi remoti. Come nella vicina Civita, il banco di tufo che la costituisce poggia su di un instabile strato d’argilla.